Sono poche le date storiche che riescono ad imprimersi nella mente umana.
Pensateci bene, tornate nella mente a quando eravate chini sui libri, intenti a studiare Storia, a scuola. Quanti anelli di quella catena infinita di numeri vi ricordate? Pochi, scommetto.
Però basta pronunciare tre semplici parole perché la nostra testa elabori un ricordo immediato.
Idi-di-Marzo
Ha funzionato?
- Dove: Largo Argentina
- Quando: 15 marzo 44 a.C. (e ogni anno, nella stessa data)
- Perché: nell’area in cui venne ucciso Giulio Cesare ogni anno viene svolta una rievocazione storica da parte del Gruppo Storico Romano, per ripercorrere insieme le tappe dell’evento
Roma, 15 marzo 44 a.C.
Circa cinquanta senatori della Repubblica di Roma aspettano Caio Giulio Cesare nell’atrio della sede temporanea del Senato, il Teatro di Pompeo, l’odierno sito archeologico di Largo Argentina. C’è chi è spinto dal rancore verso un misero uomo che si è permesso di ergersi sopra tutti i cittadini romani, infrangendo uno dei principi cardine della Repubblica; c’è qualche deluso, che ha visto sparire i propri privilegi in favore di sconosciuti Galli; chi invece è spinto dall’odio personale, chi dall’umiliazione per aver ricevuto la grazia e chi, semplicemente, dall’invidia. Ma tutti sono accomunati da un unico intento: uccidere Giulio Cesare.
Ma facciamo un passo indietro, ora.
Lupercali (Idi di Febbraio) 44 a.C.
Giulio Cesare è ormai da qualche tempo tornato a Roma, vincitore assoluto. Ha completamente sbaragliato la concorrenza al potere e sta cercando di cambiare la struttura della Repubblica dal suo interno, un cambiamento che, a detta dei politologi antichi e moderni, sarebbe stato irreversibile: ha già esteso la cittadinanza romana ai Galli soggiogati pochi anni prima, aumentato il numero di senatori (misura evidentemente impopolare già da allora), inserendo nei posti vacanti uomini a lui fedeli, anche galli neo-romani. Ha coniato monete d’oro, riformato l’esercito, varato una nuova legge agraria in favore dei propri veterani, depotenziato il Senato e posto le basi per una nuova campagna militare in Asia Minore.
Solo il giorno precedente era stato nominato dictator perpetuus, carica che ha fatto storcere più di qualche naso, e i congiurati provarono a far insorgere la folla: prima gli pongono un diadema d’oro ai piedi, poi in grembo, infine Marco Antonio, fraintendendo (!?!), glielo pone sul capo, incoronandolo rex.
Ma Giulio Cesare sa cosa significa quel titolo per il popolo romano e rifiuta l’omaggio: si toglie il diadema e ordina di cingerci la testa della statua di Giove Ottimo Massimo, la più alta divinità del pantheon romano. La folla è in visibilio, il tentativo dei congiurati è fallito e si è rivolto contro di loro.
Adesso, quindi, resta una sola cosa da fare.
Torniamo, ora, al 15 marzo.
Giulio Cesare è da poco entrato in Senato, dopo aver scansato varie profezie e segni premonitori di cui la storia è piena. Tullio Cimbro dà il segnale di attacco, i fratelli Casca sferrano le prime due coltellate. Una, due, tre… fino ad arrivare a ventitré (ma il numero è controverso), passando per frasi celebri a figli illegittimi. Giulio Cesare è ormai a terra, i più romantici sostengono sia a i piedi della statua di Pompeo.
La fine di un incubo per la Repubblica, sostengono i cesaricidi. L’inizio del loro, dirà la Storia.
Quel giorno segnò per sempre il popolo di Roma, il Senato non si riunì mai più alle Idi di Marzo. Ma quello stesso giorno accade qualcosa di ancora più importante della morte di un uomo, qualcosa che nessuno avrebbe potuto prevedere. Quel giorno segnò, per molti storici, l’inizio della fine della Repubblica, che presto non sarà più accettabile, lasciando il passo all’avvento dell’Impero.

Così fu consegnata alla Storia la figura di un uomo, politico e militare, brillante e controverso, che diede molto per lo splendore a venire di Roma e non è un caso che ogni 15 marzo, se vi ritroverete a passeggiare per via dei Fori Imperiali, potrete ammirare fiori e corone ai piedi della sua statua.