Visitando il palazzo Pamphilj in piazza Navona si percorrono le stanze elegantemente affrescate della terribile e leggendaria Donna Olimpia, per giungere nel luogo più segreto e inaccessibile del palazzo, ma allo stesso tempo anche il più spettacolare ed emozionante: la galleria con le storie di Enea, frutto di un’inaspettata collaborazione tra Francesco Borromini e Pietro da Cortona.
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- Dove: Piazza Navona 10
- Quando: L’edificio ospita l’ambasciata brasiliana in Italia, e non è quindi normalmente accessibile. Per richiedere una visita guidata, rivolgersi all’Ambasciata del Brasile
- Perché: Si tratta di una delle perle del barocco romano, e il confronto con altre opere dello stesso tipo può regalare piacevoli sorprese
L’edificio originale fu costruito nel 1630, ma quando Giovanni Battista Pamphilj divenne papa nel 1644 con il nome di Innocenzo X, furono ritenute necessarie delle modifiche al fine di rendere non solo il palazzo, ma tutta la piazza sulla quale si affaccia, all’altezza della famiglia del pontefice. Il papa chiamò quindi i migliori artisti di Roma per dare un nuovo aspetto a quello che sta per diventare il palcoscenico della famiglia Pamphilj. Della piazza, e in particolare delle fontane, se ne sarebbe occupato Gianlorenzo Bernini, della chiesa di Sant’Agnese in Agone Francesco Borromini, del nuovo palazzo costruito sulle fondazioni di quello precedente Girolamo Rainaldi, per la decorazione interna alcuni tra i migliori artisti disponibili, tra i quali lo stesso Borromini e Pietro da Cortona.
Non si trattava solo di cambiare l’aspetto della piazza, ma anche la sua impostazione e la sua finalità vennero rimesse in discussione: la chiesa di Sant’Agnese, adiacente al palazzo Pamphilj, divenne di fatto la cappella privata della famiglia del papa, e la piazza, dopo che il mercato fu spostato nell’attuale Campo de’ Fiori dove ancora oggi si svolge ogni mattina, sembra quasi essere la corte privata del palazzo.
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Per la realizzazione della facciata, vero “biglietto da visita” della famiglia del papa nel mondo della nobiltà romana, la famiglia Pamphilj scelse l’architetto Girolamo Rainaldi. Lo stesso Francesco Borromini presentò numerosi disegni per la facciata del palazzo, che tuttavia non furono scelti. Il carattere imponente e monumentale della facciata del palazzo sulla piazza è bilanciato dalla raffinatezza delle decorazioni interne: un susseguirsi di grandi sale affrescate, il cui culmine è la Galleria di Enea, un lungo corridoio progettato da Francesco Borromini e dipinto da Pietro da Cortona nel 1651.
Pietro da Cortona intraprese questa impresa dopo gli affreschi del salone di Palazzo Barberini (1633-1639) e degli appartamenti di Ferdinando II a Palazzo Pitti (1639-1647): in quel momento l’artista era all’apice della maturità espressiva, e il più richiesto di Roma.
Analogamente a quanto avveniva negli altri palazzi nobiliari (si pensi, tra le tante, alla galleria di palazzo Farnese affrescata da Annibale Carracci tra il 1597 e il 1607), la galleria era offerta alla vista degli ospiti più importanti e raffinati, che erano invitati dal padrone di casa per ammirare i suoi capolavori, tra cui anche l’affresco delle storie tratte dall’Eneide di Virgilio. Era un luogo privilegiato, che avrebbe dovuto suscitare stupore e meraviglia in chi aveva la fortuna di entrarvi.
Le scelta del tema è strettamente collegata con lo stemma araldico della casata Pamphilj: la colomba bianca. Una colomba bianca era anche il simbolo di Venere, dea dell’amore e madre di Enea, mitico fondatore di Roma.
La decorazione progettata da Pietro da Cortona per la galleria di Borromini è una delle massime espressioni del Barocco romano, ricca di spunti figurativi, trovate prospettiche e con un nuovo modo di concepire lo spazio e il colore. Nel pieno spirito della sua epoca, l’artista fu in grado di sfruttare la difficoltà derivante l’eccessiva lunghezza dell’ambiente da decorare suddividendolo in scomparti ma senza creare una rigida suddivisione (che avrebbe contrastato eccessivamente con i canoni estetici dell’epoca), fondendo insieme le diverse scene.
Al centro della volta un grande riquadro (il sistema del quadro riportato era stato ampiamente usato dagli artisti rinascimentali, in particolare nel 1518-1519 da Raffaello nella Loggia di Psiche della villa Chigi – oggi villa Farnesina – in via della Lungara, e da Annibale Carracci all’inizio del secolo nella galleria di palazzo Farnese) affiancato da medaglioni e arricchito con ghirlande e finte sculture. Le altre scene sono sotto un cielo che armonizza l’insieme, senza mai far venir meno lo spirito decorativo barocco.
Nell’opera di palazzo Pamphilj l’artista aveva ormai raggiunto la piena maturità artistica: si era infatti formato a Roma, sviluppando uno stile plastico e vigoroso rinforzato anche dallo studio dell’antichità, in linea con il gusto archeologico della sua epoca. Un viaggio a Venezia per studiare i grandi maestri del ‘500 veneziano gli aveva permesso di acquisire una grande capacità nell’uso del colore. La dimostrazione delle sue doti artistiche in palazzo Barberini e nella decorazione della chiesa della Vallicella dovettero convincere Innocenzo X ad affidare a Pietro da Cortona la decorazione della galleria.
Se nella volta di palazzo Barberini l’artista aveva dato sfogo al suo spirito irruente, decorando uno spazio completamente aperto che sovrasta con forza lo spettatore in una composizione grandiosa e coinvolgente sfruttando con maestria effetti illusionistici per l’illustrazione del soggetto (l’apoteosi della Divina Provvidenza e del pontefice, e quindi esaltazione della famiglia Barberini), per piazza Navona scelse invece una partizione dello spazio più ordinata e ritmica, che accompagna lo spettatore nella lettura delle singole scene senza però che queste siano divise rigidamente.
Diversa era anche la destinazione d’uso degli ambienti in cui si inserivano gli affreschi: in palazzo Barberini il salone era il principale spazio di rappresentanza, nel quale venivano accolti tutti gli ospiti, e quindi la decorazione della volta mirava ad impressionare l’osservatore, ribadendo la supremazia del papa e della sua famiglia, la galleria di palazzo Pamphilj era invece un ambiente al quale giungevano solo gli ospiti più illustri, invitati dal padrone a godere della vista privilegiata della sua collezione d’arte; seppur pubblico, si trattava quindi di un ambiente più intimo del precedente e destinato alla meditazione, che mirava a suscitare l’ammirazione derivante dall’esibizione del gusto, e non dal potere politico.
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Agradeço aos amigos da escola de língua portuguêsa do CCBI – e particularmente a fantástica Prof. Taisa Lucchese – pela maravilhosa visita do Palácio. Obrigada!